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Una madre in Israele

(Dr Teodoro Balma)

Messaggio dato a Catania, nella Chiesa Valdese, durante la Domenica delle madri (Festa della Mamma), il 10 maggio 1942 su 1 Samuele, capitolo 1*

Fra le storie di madri nella Bibbia, quella di Anna, madre di Samuele, è certo delle più commoventi.

Senza figli – e questa era una vergogna per una donna ebrea – disprezzata dalle donne che ne avevano e non compresa dal marito che aveva dei figli da un’altra moglie, che la consolava con strane parole: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Per te io non valgo forse più di dieci figli?” (v.8) e presa in giro del sacerdote Eli, che vedendola pregare Dio a fior di labbra la prendeva per un’ubriaca, agitata da un’interna tempesta di dubbio… nonostante tutto ciò, Anna riceve la grazia e diviene madre di Samuele. È di questa donna che desideriamo meditare alcuni istanti in questo “giorno delle madri”.

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La sua lotta con Dio, “Anna parlava in cuor suo e si movevano soltanto le sue labbra, ma non si sentiva la sua voce…” (v. 13), non è simile da quella di Giacobbe al guado di Iabboc. Essa combatte con il Signore per ottenere quanto desidera:

  • Il suo Dio non è assente, è presente in quella lotta intrapresa.
  • Anna gli parla nella preghiera.
  • Anna gli vuole strappare la grazia.
  • Anna desiderava tanto l’esaudimento, che quasi riesce a impegnare Dio: “Se mi dai un figlio, io te lo consacrerò. Non te lo chiedo per me, lo chiedo per te. Egli sarà un tuo profeta! Il figlio che voglio, lo chiedo per i bisogni della tua causa, per l’opera tua!”

Anna è madre di Samuele nell’anima, prima ancora di esserlo nella carne. Queste suppliche non ci sono ignote: sono quella di nostra madre nel corso di una malattia dei figli – durante una prova spirituale che li accascia – in un qualsiasi grave caso della vita delle creature da lei nate – non potremmo dire lo stesso? Non è la preghiera, la vigilanza, il grido di nostra madre che ha strappato a Dio la liberazione?…

Noi siamo stati guariti, liberati, purificati, grazie alla preghiera di fede di nostra madre?

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E Samuele viene al mondo. Anna lo offre al Signore. C’è qui una parola che va meditata attentamente: “… «il Signore mi ha concesso quel che io gli avevo domandato. Perciò anch’io lo dono al Signore; finché vivrà, egli sarà donato al Signore». E si prostrò là davanti al Signore”. (v.26-28)

Questo dono di Anna al suo Signore era un sacrificio. Anna si privava in tal modo di suo figlio. Che lo avesse promesso a Dio, quando ancora lo aspettava, potremmo anche comprenderlo, ma ora che un tenero fanciulletto è nelle sue amorevoli braccia … non avrà essa avuto un senso di rincrescimento per la promessa fatta?

Quanto grande fu dunque il dono di Anna!

Esso significa:

  • Anna sa che i figli non sono dei genitori in senso assoluto:

– tant’è vero che si possono desiderare fortemente e non averne

– tant’è vero che se ne possono avere e perderli malauguratamente.

I figli non ci appartengono!
Dio li presta, Dio li toglie: bisogna dunque considerarli come esseri di Dio e consacrarglieli fin dalla loro nascita, anzi prima della loro nascita!

  • Anna consacra suo figlio a Dio senza riserve “…finché vivrà, egli sarà donato al Signore.

Consacrazione senza riserve! Senza reticenze! La storia dell’amore materno è una storia di sublimi ardimenti, di generosità senza uguali, ma talora è anche storia di folli egoismi. Quante volte in realtà l’amor di madre sa ritrarsi in tempo? …quante volte sa volere il vero e autentico bene dei figli? Ricordiamo soltanto la richiesta della madre di Giacomo e di Giovanni (stolta richiesta) e l’atteggiamento inconsapevole di Maria madre di Gesù alle nozze di Cana di Galilea…

Quello di Anna è un caso tipico di illuminato e pio amore di madre. Senza riserve essa consacra suo figlio Samuele a Dio, per la gloria di Dio, per il bene di Samuele: e in prova di questa consacrazione lo porta, fin dall’infanzia a servire nel tempio del Signore.

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Ma le parole di Anna hanno un significato per questo nostro tempo in cui ha moltissime madri, e non dall’Eterno, è stato chiesto il dono di un loro figliolo…

Ricordiamoci in proposito alcune cose:

  1. Anna consacrò il suo Samuele a Dio. Ma tutti i figli, di tutte le madri, appartengono a Dio. Certe madri potrebbero dire:

-io ho donato mio figlio all’arte…

-io ho donato mio figlio alla scienza…

-io ho donato mio figlio alla patria…

Gli uomini, infatti, possono essere interamente posseduti da un’ispirazione oppure da un’ideale… Ma la loro vera, autentica appartenenza, è pur sempre a Dio!

Quando le madri pregano Dio affidandogli la vita di quei loro figli che sono in pericolo di perderla, non compiono che un atto doveroso di fiducia in Dio a cui ogni vita umana appartiene – veramente questo atto di affidamento, esse avrebbero dovuto farlo prima ancora di sapere i figli in pericolo di vita.

  1. In questo senso una madre cristiana non dirà: “Io ho donato mio figlio all’arte – o alla scienza – o alla patria”. Perché il fare un simile dono sarebbe stato come distogliere il talento della parabola della sua vera destinazione.
  2. Diremo allora che l’arte, la scienza, la patria …. rubano i figli a Dio? Non diremo questo. Diremo che nell’arte, nella scienza e nell’amor patrio va servito Dio e lui soltanto. La lettera lasciata dall’asso germanico Mölders poco prima di morire è la conferma di questa realtà, anche nel turbinio di una guerra spaventosa: Dio, la sua presenza, la sua realtà, che si impone anche nel mezzo del più duro dovere, anche malgrado il più atroce dovere terreno: quello della guerra.

Qualche volta ci domandano: “perché gli evangelici dicono che bisogna servire fedelmente la patria e Dio? A che serve il servizio di Dio, se bisogna servire la patria? In questo momento non è Dio che conta è la mitragliatrice… Tragico, fatale errore. Come se Dio non potesse, anzi non dovesse essere servito dappertutto. Come se il servizio che egli esige per sé non fosse senza riserve.

  1. Ogni madre che non consacri a Dio suo figlio, in realtà afferma che Dio non potrà essere servito dappertutto, che ci sono dei compartimenti stagni in cui non è lecito servire Dio…

E allora, chi sarà servito? Gesù non pose una volta per sempre il dilemma: Dio o mammona?

Quale madre vorrebbe dunque donare il figlio, cui ha dato la vita, a mammona? Nessuna certo … eppure, nella vita pratica quante volte ciò sventuratamente avviene.

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Pensiamo alle madri in ansia, alle madri in lutto, ai cuori lacerati da questa guerra sanguinosa, e diciamo alle madri … a tutte le madri “a chi avete donato vostro figlio?”

  • …al mondo?
  • …l’avete tenuto egoisticamente per voi stesse?
  • …o l’avevate veramente donato a Dio?

Se vostro figlio non era donato a Dio, ma a qualcun altro, o madri sventurate, piangete ancora: vostro figlio lo avete perduto per sempre o lo perderete inevitabilmente – e nulla più vi resterà per consolarvi. Niobi moderne, piangerete i figli perduti.

Se avete donato vostro figlio a Dio, o madre cristiane, state sicure: egli sarà salvo, salvo nell’anima. A Dio a cui egli appartiene, vostro figlio è tornato e tornerà.

Se non lo avete ancora donato a nessuno, esitanti sul da farsi, non esitate un momento di più: donatelo ora a Dio, in preghiera, in supplicazione. Donatelo, senza tardare, per la sua vera eterna salvezza, e per adempiere al vostro materno dovere verso i vostri figli!

Amen

Teodoro Balma (1917-1994), pastore valdese, teologo, giornalista e scrittore, ha esercitato la sua attività pastorale in diverse città italiane, come Napoli, Catania, Riesi, Venezia, Torino, Varese e nella Svizzera Italiana, lasciando in ciascuna il segno della sua forte personalità. Ha collaborato a diversi periodici: “Corriere di Sicilia”, “Persona”, “Protestantesimo”, “La Luce”, “L’Appello”, “Gioventù Cristiana” e non da ultimo la nostra rivista “Uomini Nuovi”. Per molti anni è stato collaboratore con il pastore Giuseppe E. Laiso nell’Editrice Uomini Nuovi e per Radio Uomini Nuovi.

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*1 Samuele, capitolo 1

“C’era un uomo di Ramataim-Sofim, della regione montuosa di Efraim, che si chiamava Elcana, figlio di Ieroam, figlio di Eliù, figlio di Toù, figlio di Suf, efraimita. Aveva due mogli: una di nome Anna e l’altra di nome Peninna. Peninna aveva dei figli, ma Anna non ne aveva. Quest’uomo, ogni anno, saliva dalla sua città per andare ad adorare il Signore degli eserciti e offrirgli dei sacrifici a Silo; e là c’erano i due figli di Eli, Ofni e Fineas, sacerdoti del Signore.
Nel giorno in cui Elcana offrì il sacrificio diede a Peninna, sua moglie, e a tutti i figli e a tutte le figlie di lei le loro parti; ma ad Anna diede una parte doppia, perché amava Anna, benché il Signore l’avesse fatta sterile. La rivale mortificava continuamente Anna per amareggiarla perché il Signore l’aveva fatta sterile. Così avveniva ogni anno; ogni volta che Anna saliva alla casa del Signore, Peninna la mortificava a quel modo; perciò lei piangeva e non mangiava più. Elcana, suo marito, le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Per te io non valgo forse più di dieci figli?»
Dopo che ebbero mangiato e bevuto a Silo, Anna si alzò. Il sacerdote Eli stava in quell’ora seduto sulla sua sedia all’entrata del tempio del Signore. Lei aveva l’anima piena di amarezza e pregò il Signore piangendo dirottamente. Fece un voto e disse: «O Signore degli eserciti, se hai riguardo all’afflizione della tua serva e ti ricordi di me, se non dimentichi la tua serva e dai alla tua serva un figlio maschio, io lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sulla sua testa». La sua preghiera davanti al Signore si prolungava, ed Eli osservava la bocca di lei. Anna parlava in cuor suo e si movevano soltanto le sue labbra, ma non si sentiva la sua voce; perciò Eli credette che fosse ubriaca e le disse: «Quanto durerà questa tua ubriachezza? Va’ a smaltire il tuo vino!» Ma Anna rispose e disse: «No, mio signore, io sono una donna tribolata nello spirito e non ho bevuto vino né bevanda alcolica, ma stavo solo aprendo il mio cuore davanti al Signore.
Non prendere la tua serva per una donna da nulla; perché l’eccesso del mio dolore e della mia tristezza mi ha fatto parlare fino ad ora».  Ed Eli replicò: «Va’ in pace e il Dio d’Israele esaudisca la preghiera che gli hai rivolta!» Lei rispose: «Possa la tua serva trovare grazia agli occhi tuoi!» Così la donna se ne andò per la sua via, mangiò, e il suo aspetto non fu più quello di prima. L’indomani lei e suo marito si alzarono di buon’ora e si prostrarono davanti al Signore; poi partirono e ritornarono a casa loro, a Rama.
Elcana si unì ad Anna, sua moglie, e il Signore si ricordò di lei. Nel corso dell’anno, Anna concepì e partorì un figlio, che chiamò Samuele; perché disse, l’ho chiesto al Signore.
E quell’uomo, Elcana, salì con tutta la sua famiglia per andare a offrire al Signore il sacrificio annuo e a sciogliere il suo voto. Ma Anna non salì, perché disse a suo marito: «Io non salirò finché il bambino non sia divezzato; allora lo condurrò, perché sia presentato davanti al Signore e rimanga là per sempre». Elcana, suo marito, le rispose: «Fa’ come ti sembra bene; rimani finché tu lo abbia divezzato, purché il Signore adempia la sua parola!» Così la donna rimase a casa, e allattò suo figlio fino al momento di divezzarlo.
Quando lo ebbe divezzato, lo condusse con sé e prese tre torelli, un efa di farina e un otre di vino; e lo condusse nella casa del Signore a Silo. Il bambino era ancora molto piccolo. Elcana e Anna sacrificarono il torello e condussero il bambino a Eli. Anna gli disse: «Mio signore! com’è vero che tu vivi, o mio signore, io sono quella donna che stava qui vicina a te, a pregare il Signore. Pregai per avere questo bambino; il Signore mi ha concesso quel che io gli avevo domandato. Perciò anch’io lo dono al Signore; finché vivrà, egli sarà donato al Signore». E si prostrò là davanti al Signore”.