Editoriali
Il mondo è un progresso fasullo
Correndo verso la fine del 2016 a molti di noi sembra che il mondo stia decisamente accelerando verso la sua fine. È come se, vedendo davanti a sé un dirupo, un automobilista schiacciasse a fondo l’acceleratore preso dalla irresistibile tentazione di gettarcisi dentro. Forse sarà un’impressione, una sensazione di chi guarda il mondo da un punto di vista particolare e ormai minoritario; ma anche chi qualche anno fa nutriva una fiducia incondizionata nell’uomo e nel progresso si è accorto che il tanto decantato “progresso” non ha portato a una civiltà di pace e di prosperità, non ha fermato le guerre, non ha cambiato il cuore dell’uomo. “Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo” (Genesi 6:5). Il povero diventa sempre più povero, il ricco sempre più ricco, l’oppresso sempre più oppresso e l’oppressore sempre più potente. È l’effetto della globalizzazione, dicono: ora un grande speculatore può, con un solo clic del mouse sul suo computer a New York (o a Pechino, o a Kuala Lumpur, che importa) spostare miliardi di dollari da un mercato all’altro, rovinando o premiando decine di nazioni, facendo perdere o guadagnare il lavoro a milioni di persone. Normalmente in questo gioco l’unico che ci guadagna è lo speculatore; gli altri si barcamenano strappandosi l’un l’altro la miseria di mano.
In questi pochi mesi che ci separano dal nuovo anno potrebbero accadere eventi significativi. Il conflitto in Siria potrebbe giungere a una svolta, se Assad e gli alleati russi (e iraniani) riuscissero a prendere Aleppo. A quel punto Russia e Iran sarebbero coloro che possono ridefinire gli effetti del Medio Oriente, e gli americani (e i sauditi) i grandi sconfitti. E quali sarebbero le ripercussioni per Israele di questo nuovo scenario? Tornando all’America, in novembre sapremo quale sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti, la carica più importante del mondo. Purtroppo la scelta non è delle migliori: da una parte la totale imprevedibilità del miliardario Donald Trump, che potrebbe portare a scenari catastrofici a livello internazionale; dall’altra l’ambigua Hillary Clinton, che se da un lato potrebbe garantire una certa stabilità interna agli USA ha già dimostrato di avere una politica estera più che catastrofica. È infatti dalle menti del suo staff che è nata l’idea delle cosiddette “primavere arabe” che ha portato all’affermazione di diversi regimi integralisti islamici e alla nascita dell’ISIS. È noto ormai da diverso tempo che le varie insurrezioni “spontanee” nei Paesi arabi non avrebbero potuto avere la meglio senza l’aiuto economico, di intelligence e anche militare americano. Non per nulla tra i principali sponsor della campagna elettorale di Hillary figurano fondi sauditi e degli Emirati Arabi che hanno versato diversi milioni di dollari all’ex First Lady. E se c’è una regola che in politica è ferrea è quella che i debiti vanno in qualche modo ripagati…
Di fronte a questi eventi che apparentemente non possiamo influenzare noi cristiani ci sentiamo un po’ smarriti; il Cristianesimo è sempre meno utilizzato come fonte morale in un mondo che pure ha un disperato bisogno di valori; anzi dilagano comportamenti e costumi che la Bibbia definisce apertamente come aberranti. “Chiameranno il male bene e il bene male” (…). I Cristiani vengono sempre più guardati come estranei, come nemici, non solo dove ce lo si aspetterebbe come i Paesi dominati dal fanatismo islamico, ma anche in Paesi apparentemente “neutrali” come la Russia oppure nei Paesi occidentali “laici”. Approfittiamo allora dell’occasione offerta dalla ventesima Giornata Internazionale di Preghiera per la Chiesa Perseguitata (6 e 13 novembre) per pregare innanzitutto per tutti i fratelli e le sorelle perseguitati per la fede in Gesù Cristo, ma anche per tutto il mondo, che tanti possano aprire il cuore al messaggio dell’Evangelo anziché proseguire a tutta velocità verso il dirupo.
Maurizio B. Mirandola